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Ghetto Ebraico

“Quando nacqui mia madre ne piangeva, sola la notte, nel deserto letto. Per me, per lei che il dolore struggeva, trafficavano i suoi cari nel ghetto” 
Umberto Saba, Autobiografia 

Il Ghetto Ebraico di Trieste, tra il Teatro Romano e Piazza della Borsa e alle spalle di Piazza Unità d’Italia, fu storicamente fulcro economico della città. 

Vi si accede dalla Portizza ed è circondato da un alto muro con tre porte d’ingresso: in piazza del Rosario, in Via delle Beccherie e a Riborgo, all’epoca tutte vigilate notte e giorno dalle guardie cristiane. 

Istituito da Leopoldo I d’Asburgo nell’area periferica di corte Trauner, poi trasferito a Riborgo. 

Via delle Beccherie, che attraversa il Ghetto, è una delle più antiche strade della città, destinata ai venditori di carne. 

Incrocia Via del Ponte dove, fino al 1749, si trovava un ponte in legno che attraversava il Canale della Portizza, detto Canale Piccolo o del Vino, dove si inoltravano le imbarcazioni da carico. 

La via parallela, Androna del Pane, nominata così grazie alle venditrici del pane di Servola che scendevano in città per vendere il loro pane appena sfornato e a loro dedicata. 

In via Malcanton sorgevano le mura dell’antica Trieste che, in questa strada, formavano un canton frequentato da malviventi, da qui il nome di Malcanton. 

Un dedalo di viuzze con squarci di cielo azzurro, un tempo popolate da commercianti ebrei che esponevano le loro merci all’esterno di botteghe tuttora in attività. 

Per i triestini, il Ghetto è oggi sede di antiquari, librerie centenarie, localini, ristoranti, negozietti. 

Pieno di vita e de morbin, xe el logo giusto dove far gheto. 

Nell’ultimo decennio è rinato, forte della ristrutturazione di Cittavecchia tutta, tanto da diventare una delle zone più ambite della città e, a livello immobiliare, ha triplicato il suo valore. 

Se saria l’America, fussi el Jewish Ghetto. 

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